Continua Oltrefood On Tour, questa volta in visita alla cantina Crocizia di Marco Rizzardi, per scoprire i segreti del suo straordinario vino naturale, prodotto con tecniche tradizionali.
Raggiungiamo Pastorello di Langhirano affidandoci alle indicazioni di una bussola infallibile, gli “anziani del paese” che troviamo sulla nostra strada, che però dimenticano un dettaglio non poco trascurabile, ed ecco che all’ultima curva ci si para davanti all’improvviso il temibile “muro di Crocizia”, un chilometro in salita con pendenze fino al 13%.
In cima alla collina, a 480 msl, ci sono Marco e Serena, che ci attendono accanto alla loro prima vigna a pochi metri dalla cantina, circondata dal bosco, un piccolo orto e un frutteto. Un anfiteatro naturale bellissimo, arrivo perfetto per la nostra breve tappa di collina.

Per rinfrescarci ci ripariamo all’interno, dove Marco ha già preparato diverse bottiglie: sarà anche una persona timida che fugge dall’occhio della macchina fotografica, ma non è di certo arido nel farci assaggiare i suoi vini. E poi ama la bicicletta… la conversazione non potrebbe cominciare meglio!
Ci racconta che il padre acquistò il terreno 30 anni fa per costruirsi un rifugio dalla calura della Bassa e sperimentare l’autoproduzione del vino e che i lavori vennero fatti in maniera graduale, durante i fine settimana. Un approccio lento, in accordo coi ritmi della natura, che anche Marco ha sposato quando nel 2003 ha trasformato questo buen retiro in un’azienda, mettendo al centro il rispetto per l’ambiente e rifiutando la logica commerciale che impone di dover produrre decine di migliaia di bottiglie per abbassare i costi.

Uno spirito che si riflette anche nella scelta di produrre esclusivamente vini naturali e biologici, realizzati mediante fermentazione spontanea del mosto, senza aggiunta di altre sostanze, “come si è sempre fatto” fino alla rivoluzione chimica/microbiologica del XIX secolo.
Marco è conosciuto a Parma come un pioniere e un vignaiolo libero, che è riuscito ad affermarsi proponendo un vino quasi casalingo che a volte va contro i canoni delle etichette di fama internazionale, che si presenta torbido, con la feccia sul fondo, caratterizzato da profumi molto intensi e da sapori autentici e unici.
Partito con un solo ettaro di vigneto, oggi lavora circa 10 ettari sparsi in tutta la Val Parma, perchè a Crocizia non c’è la possibilità di allargarsi e installare nuove barbatelle. Questa scomodità viene però trasformata in valore, perchè Marco può selezionare i terreni e recuperare vigne abbandonate (anche di 50 anni): un patrimonio da non perdere o sradicare, ma da valorizzare.

Una sfida impegnativa che non sarebbe possibile sostenere senza l’aiuto di Serena che, con la sua inventiva e le sue ottime doti gestionali, completa le capacità di Marco, come in un tao: arrivata a Crocizia dopo aver abbandonato un lavoro d’ufficio e intrapreso un percorso di studi enogastronomici, è grazie a lei che prendono vita alcune delle idee più innovative dell’azienda, come quella del recupero dei meli e dei peri selvatici della tenuta per la produzione di sidri sperimentali.
Una diversità a tutto tondo, espressa anche come varietà: vengono prodotte, seppur in numero molto limitato, ben 12 etichette (+3 di sidro), il “minimo necessario” per evitare assemblaggi e conservare la storia di ogni uva e tipologia di vino. Un approccio che riduce al minimo anche gli interventi in cantina, con lo scopo di valorizzare al massimo le uve e le particolarità di ogni annata, adeguandosi alla natura, e che risulta nella produzione di vini camaleontici, che magari un anno sono fermi e l’anno dopo rifermentati in bottiglia.
Una scelta difficile per il consumatore che, per apprezzarli, deve avere la pazienza di farsi raccontare cosa ci sta dietro e, in un certo senso, sposare questa filosofia “a sorpresa”, quasi unica sul mercato e decisamente controcorrente, ma a cui molti cominciano ad aderire, come vediamo sempre bene da Oltrefood.

La filosofia di Crocizia può sembrare integralista, ma per Marco è l’unica possibile per poter conservare l’ambiente e la natura che ci ospitano, il cui degrado è visibile giorno per giorno: tempi di vendemmia anticipati, gelate tardive, grandinate a giugno, assenza di neve durante il periodo invernale. Avversità che non basta più combattere e che negli ultimi anni, a causa della loro particolare intensità, ci si può solo limitare a osservare, sperando di aver subito meno danni possibili.
Terminiamo la conversazione assaggiando le due bottiglie più pop, il Balos (Pinot Nero vinificato in rosato) e il Marcovaldo Bianco (Malvasia e Sauvignon) , tra le prime ad essere state prodotte e a cui Marco è molto affezionato, un po’ come al primo amore che non si scorda mai.

Salutiamo Marco e Serena, che prima di andare ci riempiono le borse da cicloturismo: questa volta siamo veramente carichi oltre al limite e dobbiamo fare attenzione a scendere, pedalando piano piano e godendoci il panorama tra gli ultimi raggi di sole.
Ringraziamo Mauro Carbonaro per le foto e Marta Razzetti per l’editing di ogni articolo.
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