La seconda tappa ci ha portati da Bomporto, in provincia di Modena, a Ozzano nell’Emilia, in provincia di Bologna, una pedalata di 78 chilometri.
La giornata è iniziata alla Lanterna di Diogene, Cooperativa Sociale e Onlus, dove il proprietario e chef Giovanni Cuocci ci ha raccontato la storia e le attività di questo posto speciale.
La Lanterna ha aperto nel settembre di 10 anni fa e il suo nome si rifà a Diogene, filosofo fondatore della scuola cinica, che portava sempre con sé una lanterna, simbolo della sua ricerca dell’ “uomo”, di colui che vive secondo la sua autentica natura. Per questo la Coop ne ha preso il nome: qui ognuno è veramente se stesso grazie al costante lavoro di inclusione sociale. Qui lavorano fianco a fianco professionisti, educatori e persone con diverse disabilità e ciascuno fa ciò che ama e ciò che è in grado di fare.
Siamo stati positivamente colpiti da tutto questo. Non c’era una briciola di pietismo nelle parole di Giovanni, ma solo determinazione e onestà.
“La dignità non si regala, si conquista” ci ha detto, e a me questa frase è sembrata sintetizzare tutto quello che vedevo. Qui tutti si mettono in gioco, hanno il coraggio di cambiare, cercando la propria strada e collaborando nelle attività quotidiane: il lavoro che vi si svolge è infatti lontanissimo dalle dinamiche di produttività esasperata di molti contesti lavorativi.
Dopo questa bella chiacchierata ci siamo messi a cucinare! Abbiamo incontrato i ragazzi che, insieme alle “sfogline” – che potremmo descrivere come la versione modenese delle nostre “rezdore” parmigiane, le regine della cucina – hanno preparato dei fantastici tortelloni di ricotta di capra con le ortiche.
Dopo questa bellissima esperienza, abbiamo ripreso il nostro viaggio e siamo arrivati a Cento (Fe). Qui la nostra méta è l’Osteria del Cencio, aperta addirittura dal 1850 in una struttura che prima ha ospitato una chiesetta e delle antiche prigioni! “Cencio” è il nome del vecchio proprietario ed è solo uno degli aspetti che gli attuali gestori hanno mantenuto originali: anche gran parte dell’arredo, infatti, è dell’epoca dell’apertura.
Il locale è una vera e propria istituzione e la sua cucina unisce piatti della tradizione a ricette innovative. Al centro di tutto, l’ospitalità: i gestori – lo chef Gabriele, Claudia e Marco – vogliono che chiunque entri si senta come a casa propria.
Con Gabriele siamo andati in cucina e abbiamo visto fare la pasta fresca tipica della bassa ferrarese: tagliatelle, tagliolini, pappardelle, tortelli di zucca e di ricotta e spinaci, e il caratteristico ragù, preparato tre volte a settimana affinché sia sempre fresco (e qui lo chef ci racconta che non ci sono segreti nella sua preparazione, tranne quello che impone di seguire la ricetta originale: misto di carote e cipolle, pancetta, carne di maiale, poi sfumare con del vino e aggiungere concentrato di pomodoro, infine lasciare cuocere a fuoco lento per almeno due ore).
All’Osteria del Cencio, premiata da Slow Food come “Locale del Buon Formaggio”, abbiamo avuto in regalo un pranzo meraviglioso: tagliatelle al ragù che non riesco a definire in altro modo che sublimi e che mi fanno pensare che un piatto così può essere preparato solo da chi è nato, cresciuto e vive in Emilia. Per Gianluca il piatto ha rappresentato perfettamente la coerenza tra l’anima del locale, l’essenza di questa terra e i suoi sapori.
Dopo questo meraviglioso primo ci è stato offerto come secondo il “Piatto Cencio”: verdure alla griglia con filetto di manzo scottato in padella… la carne era ottima, cottura perfetta, al sangue, morbidissima, insomma una vera festa per le papille gustative!
All’una siamo ripartiti e abbiamo pedalato sotto il sole, col vento contro e una temperatura non eccessivamente calda.
La terza tappa è stata Budrio (Bo), dove abbiamo incontrato uno degli ultimi produttori di ocarine, strumento musicale inventato da Giuseppe Donati nel 1853 proprio in questa città: qui, nel 1989, è stata ripresa questa tradizione grazie a una produzione totalmente artigianale.
L’ocarina mi ha sempre ricordato la cultura contadina di questa zona: mi fa tornare in mente il film Novecento, di Bertolucci, a cui sono molto affezionato e che, per me, racconta perfettamente le radici di questa terra.
Dopo questa breve ma interessante parentesi nell’artigianato riprendiamo le biciclette.
La pianura è la vera protagonista di questo secondo giorno anche se forse ciò che ci ha più impressionato sono stati gli edifici ancora danneggiati dal terremoto che ha colpito la zona nel 2012, una ferita ancora aperta.
Arriviamo a Forlì da Michele, dopo un’ultima tratta in treno, che ci ospita per la notte e ci porta a cena in un ristorante dove apprezzeremo la cucina tipica e la musica, che andrà avanti fino a tardi.
E la mattina si riparte…